Aborto

La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America in una recentissima sentenza, ha cancellato il diritto all’aborto.
Ho avuto bisogno di un po’di tempo per metabolizzare questa notizia, per me devastante, e quello che scriverò probabilmente non piacerà a molti, altri ancora mi vedranno sotto una luce diversa, ma è giunto il momento di dare sepoltura anche a questo fantasma.
C’era una volta una ragazza giovane e inesperta che si ritrovò a lavorare in un Paese straniero, perché il padre era morto e lei, oltre al suo diploma di liceo classico, aveva solo tanta esperienza accumulata con i bambini e un po’ di conoscenza delle lingue acquisita tra liceo e due anni catastrofici e umilianti alla facoltà di lingue e letterature straniere a Roma. Fu così che andò a lavorare come animatrice in un hotel con intrattenimento internazionale e lì bruciò tutte le tappe concernenti le prime esperienze a livello sessuale: primo bacio, primo appuntamento, primi approcci fisici, prima volta, primo abbandono, primo vero innamoramento, prima storia d’amore.
Una volta tornata a casa a fine stagione, con l’idea in mente di andare presto a trovare il suo “ novio” ( fidanzato/ ragazzo) a Sevilla, dove lui era in ferie per stare con la propria famiglia, scoprì di aspettare un bambino.
Un incidente, un preservativo che si rompe e…figurati se capita proprio a me di rimanere incinta.
Eh, già: succede proprio a te!
Va bene, basta maschere: capita a me! È capitato a me: proprio a me!
Ricordo il medico della struttura dove feci le analisi per vedere i valori della Beta HCG che, se elevati, confermano una gravidanza in corso, prendermi da parte e dirmi: non so se è una bella notizia, ma lei è in stato interessante.
Non sapevo se fosse una bella notizia, di certo era sconvolgente.
Mia madre anziana, vedova, donna di grande fede, rimase senza parole ma la prima cosa che fece fu abbracciarmi. Come lei anche mia sorella. Per pudore e vergogna non dissi nulla a mio fratello.
Vergogna.
Ecco la prima sensazione che ho provato: vergogna.
Cresciuta in un ambiente cattolico, quel fatto andava contro ogni insegnamento, avevo tradito e deluso la mia religione e gli insegnamenti di mia mamma, anche se lei non mi ha mai detto nulla del genere.
Arrivò così il giorno, anzi la sera della telefonata al padre.
Poche parole: ah, non puoi venire a Sevilla? Ah, come: sei incinta? Ah…bhé no, io non posso raggiungerti per parlarne, devo stare con i miei…ah, ma…sei sicura che è mio?…se ti servono soldi…
Gli chiesi di specificare soldi per cosa? Ma era una domanda retorica alla quale non rispose. Le uniche parole che rimbombavano nella mia mente erano “sei sicura che sia mio? So che sei uscita anche con quell’altro”. Appunto, uscita, non andata a letto, io l’amore l’ho fatto con te e molto dopo essere uscita con lui.
Gli chiesi di non chiamarmi più. Di non cercarmi mai più. Di dimenticare il mio nome e qualunque cosa ci fosse stato tra noi.
Non batté ciglio. Fu molto bravo nel mantenere la promessa. Non mi cercò più, senza neanche sapere se quel figlio lo avevo tenuto o no.
Seconda sensazione: abbandono. Ovviamente meritato perché…
Terza sensazione: ero una puttana.
Ebbene sì, perché a prescindere da ciò che sei, come ti comporti con le persone e senza preoccuparsi dei sentimenti che provi, TU sei una puttana e lui, L’UOMO, quello che è scampato all’italiana che voleva incastrarlo.
Mi sentivo sporca.
Mi sentivo stupida.
Mi sentivo indegna di guardare mia madre negli occhi.
Non avevo un lavoro.
Ero confusa e piena di vergogna.
Senza la legge n. 194 del 22 Maggio del 1978 che ha decretato la depenalizzazione dell’aborto in Italia, dettando le modalità di accesso all’atto, io ora sarei madre.
Ovviamente deducete da ciò che scrivo che non lo sono, infatti decisi di abortire.
La mia immensa fortuna volle che, quando feci l’ecografia obbligatoria per poter testificare il mio stato, il medico che la eseguì, non leggesse l’impegnativa e il numero di riferimento della legge che mi portava sotto al suo ecografo. Perciò con un entusiasmo che non potrò mai dimenticare, mi disse: Signora, senta quanto è forte il battito del suo bambino!
Galoppava quel cuore e io correvo verso la mia condanna!
Mia sorella, accanto a me, mi strinse la mano mentre piangevo in silenzio. L’infermiera fece notare la gaffe al dottore e lui si scusò. Ormai però il danno era fatto.
L’undici Dicembre 1998 andai ad abortire.
Mia madre mi ripeté fino all’ultimo istante che se volevo tenerlo, lei mi avrebbe aiutato a crescerlo. Io però non volevo darle anche questa responsabilità. La mia era una mamma non più giovane, che meritava una vecchiaia serena e non di accudire una figlia in preda alla confusione e un neonato.
Per cui andai avanti con la mia scelta.
Aborto.
Non ero sola in quella stanza.
C’erano una giovane sposina che ancora non voleva diventare mamma, una madre di altri tre figli che non poteva permettersene un quarto, e una ragazza dell’est che non disse nulla, rimase in silenzio tutto il tempo. Capì che era dell’est Europa perché la ragazza che era con lei, le parlava in una lingua di quelle zone.
La prima cosa che fecero, fu darci una pillola per vedere se espellevamo spontaneamente il feto.
Nulla. Contrazioni dolorose ma niente di più. Quel cuore batteva forte ancora dentro di me.
Sempre la dea fortuna volle che entrasse nella stanza la capo infermiera con una nuova assunta, alla quale disse: ecco, vedi? Qui ci sono le puerpere…
Hoops!
La sua frase rimase sospesa nell’aria. Le bastò guardarci in faccia. Quindi, rapidamente, si corresse dicendo: Ah, no! Vieni, andiamo via! Noi non abbiamo niente a che fare con queste!
QUESTE!
Queste puttane! Queste assassine! Queste sporche troie!
Perché noi eravamo questo: tutte eravamo delle luride puttane.
Aborto.
Il portantino che mi condusse alla sala operatoria, quando mi vide piangere, mi disse: Lo so…questo qui da noi è il giorno della tristezza. Pianga pure…siamo solo io e lei.
Quelle frasi, così umane, mi uccisero.
Arrivata in sala operatoria ricordo solo la carezza che mi fece l’anestesista, donna, sulla testa quando il medico che avrebbe eseguito l’operazione, disse: Eccolo qua questo bel fagiolino!
Una volta sveglia e di ritorno nella stanza dove già mi aspettavano le altre, venne a visitarmi mia sorella e io le dissi che volevo uscire, non volevo più stare lì. Anzi, no, fu lei a chiedermi se volevo andarmene e io annuì.
L’infermiera che mi fece firmare il documento di dimissione volontaria contro parere medico, mi diede un foglietto.
Non potrei farlo, ma prendi questi antibiotici quando sarai a casa e se avrai complicazioni o emorragie, contatta il tuo medico o torna in ospedale.
Grazie.
I giorni successivi li trascorsi a letto a piangere.
Aborto.
Sono trascorsi ventiquattro anni e non c’è stato giorno in cui io non abbia pensato a quel cuore. Non c’è stato giorno in cui io non mi sia punita. Non c’è stato giorno in cui io non mi sia sentita un’assassina. Non c’è stato giorno in cui io non mi sia condannata perché ero un essere orribile e senza cuore.
La vita mi ha portato ad avere accanto compagni che non desideravano figli e io non ho mai insistito. Sebbene ci sia stato un momento, con il mio attuale marito, in cui abbia pensato che forse…poi mi convinsi di no, che era meglio così, che era la mia punizione.
Non ne parlai con lui.
Di recente, andando in analisi, ho realizzato, scavando nel tempo e negli eventi del passato, che con mia madre o mia sorella non parlammo mai più di quell’evento.
Un tabù?
Un dolore?
Una protezione, un tentativo di non far riemergere l’altrui trauma?
Tante motivazioni che hanno fatto sì che seppellissimo quella giornata e quel battito in una scatola dell’oblio.
Un oblio che però non è mai stato raggiunto.
Aborto.
Sempre grazie al mio bravo psicologo, ho intrapreso un difficile cammino: quello del perdono.
Perdonarmi per ciò che ho fatto.
Perdonare quella ragazza giovane e insicura per non aver creduto di farcela. Perdonare quell’uomo che la insultò e la fece sentire per la prima volta sporca e indegna. Perdonare una cultura che condanna senza ascoltare, senza provare a capire.
Si pensa sia facile abortire.
Non lo è affatto.
Chi ha letto Incastri, avrà notato un capitolo dal titolo Sliding…

Omaggio al film Sliding Doors, dove la protagonista ha due storie diverse, l’esito delle quali cambia ( apparentemente) in base al fatto di riuscire o meno a salire su un treno.
Nel mio libro la protagonista del capitolo non sale sul treno. A un passo dall’entrata in sala operatoria cambia idea. Alla fine del capitolo nasce GIOELE, portatore di Gioia.
Ogni volta che scrivo un libro, lo porto a termine e lo pubblico, nasce quel figlio a cui ho detto no. Sono madre dei miei libri e portatrice di un’esperienza di condanna e rifiuto che, da fuori, mi è entrata dentro.
Perché ve lo racconto?
Per farmi insultare?
No, tanto non potreste dire nulla che non mi sia già detta per conto mio.
Mi sto lentamente perdonando. Perché non sono una persona cattiva e ciò che è accaduto è stata la conseguenza di tanti fattori avvenuti nel passato a una ragazza ingenua, impreparata e confusa.
Nessuno andrà mai da quel ragazzo a dirgli: Brutto stronzo, come ti è saltato in mente di parlarle così? E come hai potuto non assicurarti che tuo figlio non fosse nato?
Più di ogni altra cosa, però, io posso raccontare questa storia perché sono stata tutelata da una legge che mi ha permesso di andare in ospedale, di non pagare cifre assurde in una clinica privata, di essere operata in sicurezza e di incontrare qualcuno che mi dicesse di prendere determinati farmaci e di ricorrere a un medico in caso di complicazioni.
Adesso torneranno, in America almeno, negli Stati che aderiranno alla sentenza, i segreti, i chirurghi improvvisati, gli interventi in condizioni igieniche indecenti, gli strozzini e le morti di donne non tutelate.
Questo fatto mi ha sconvolto, mi ha atterrito! Mi ha fatto ulteriormente comprendere che l’essere umano dimentica la storia passata con una facilità raccapricciante.
Giudicare chi decide di abortire, è facile.
Condannare chi decide di abortire, è quasi istintivo.
Viverlo, viverlo dentro al proprio corpo, viverlo dentro alla propria coscienza…è un’altra storia.
Io vi ho raccontato la mia.
Ho chiesto perdono a mio figlio per non averlo fatto nascere. Lui mi ha concesso la sua grazia. Cerco anche io, giorno dopo giorno, con infinita sofferenza, di concedermela.
Di seguito uno stralcio del capitolo Sliding tratto da Incastri.
…
Ora era lì, in quel reparto.
Prima di entrare la madre le disse che se avesse voluto cambiare idea era ancora in tempo, lei l’avrebbe aiutata, insieme ce l’avrebbero fatta, se la sarebbero cavata. Sorrise e la lasciò entrare.
L’infermiera diede a tutte le occupanti della stanza una pillola dicendo che se erano fortunate avrebbero espulso naturalmente il feto con delle contrazioni naturali, per questo le invitava a mettersi un assorbente da flusso abbondante e a distendersi. Ovviamente non andò così.
Ci furono contrazioni ma non accadde nulla di più se non dei forti dolori di pancia come quando si ha il ciclo. Si confrontò con le donne in camera con lei: la signora di quarant’anni era da poco diventata madre di gemelli e non potevano affrontare la spesa di un’altra bocca da sfamare, la ragazza di poco più grande di lei era sposa da pochi mesi e non riteneva fosse il momento di avere un bambino, la ragazza dell’est non parlava se non con la sua amica altrettanto giovane in una lingua a Giorgia sconosciuta, dando conferma dell’impressione che non fosse italiana ma provenisse da qualche altro Paese tipo Russia o giù di lì.
Era giunto il momento di andare. Stava per adagiarsi sulla lettiga per il trasporto in sala operatoria, quando entrò di gran passo e con voce tonante un’infermiera accompagnata da una ragazza con un camice di colore diverso, dicendo: eccoci qua, ecco qui le nostre puerpere.
Poi guardandosi intorno capì e disse: oh no, noi con queste non abbiamo nulla a che fare.
E voltandosi, uscì.
Lasciando una scia di gelo ed incredulità alle sue spalle.
Il portantino la guardò e con un triste sorriso le accarezzò la mano e le disse: si accomodi qui signorina. Questo è” il giorno della tristezza” in reparto. ‘Sto mondo è comunque popolato da gente che sa solo giudicare. Venga, l’accompagno io.
Una lama ghiacciata conficcata nel cuore. Stava andando contro se stessa, i suoi principi, i suoi ideali, si sentiva sporca, si sentiva un’assassina, un essere indegno, sentiva che “queste” era un termine troppo indulgente per definirla. Pensava al battito di quel cuore ed alle parole della madre. Si sentiva delirare ed allora lo fece. Chiese al portantino di fermarsi, non voleva farlo. Era ancora in tempo per cambiare idea? Certo. Certo. Lui la guardò, le sorrise e la riaccompagnò in camera.
L’infermiera chiamò la madre che aspettava fuori e Giorgia le disse in lacrime che non poteva, non poteva proprio ammazzare suo figlio.
Aiutami mamma. Aiutami perché non so cosa sarà di me, di noi, cosa potrò offrirgli ma non lo voglio ammazzare. Aiutami.
La madre l’abbracciò facendole percepire tutto il suo amore.
Sarei stata con te qualunque cosa avessi deciso, ma ora sono sollevata, disse, vedrai che ce la faremo.
Dovette firmare per uscire, le dissero di stare a riposo a causa della pillola che aveva preso, di controllarsi quanto prima e di prendersi cura di sé e del nascituro.
Sei mesi e mezzo dopo nacque Gioele, tre chili e mezzo, tutto sua mamma, sano come un pesce ed urlante come chi il pesce lo vende.
…
Per chi volesse leggerlo, Incastri è su Amazon.
Trovate il link nella Home di questo sito.
Roberta Leonardi 27 Giugno 2022
Devastante, emozionante , lascia riflettere molto ❤️
Grazie.
Non posso nemmeno lontanamente immaginare cosa voglia dire abortire, né le conseguenze che questa scelta può portare nella vita della persona che ha abortito. Ho avuto due figli in età dichiarata “avanzata” per una puerpera, un’ età in cui la possibilità di avere mutazioni genetiche e quindi feti affetti da sindrome di Down, per dirne una, è altissima. Mi sono sottoposta a tutte le analisi necessarie per sapere se quel bambino che portavo in grembo era sano…e l’attesa del risultato dell’amniocentesi è stata devastante, perché se mio figlio fosse stato affetto da qualche patologia avrei abortito. Ed ero terrorizzata di dover fare una scelta del genere, perché quel bambino io l’avevo già “sentito”, perciò no non mi sento di giudicare chi ricorre all’aborto, ma mi sento di criticare ferocemente chi, ancora una volta, decide di come una donna debba gestire il proprio corpo!
Grazie Roberta per aver condiviso un momento così intimo, straziante e sicuramente difficile da superare.
Grazie a te Stefania per aver condiviso la tua esperienza. Vuol dire molto.
È una delicata confessione, ma tanto umana…non è facile avere la forza di raccontarla, tu l’hai fatto con estrema forza e delicatezza.
Le persone purtroppo condannano sempre, qualunque cosa si faccia.
Ma le sensazioni provate, sono solo di chi vive l’esperienza e NESSUNO può permettersi di giudicarle…perché NESSUNO può comprendere davvero tutto quello che c’he abbiamo dentro.♥️
Eppure tanti lo fanno.
Grazie Stefania ❤️
Conoscevo l’accaduto ma non la storia. Potrei dire che potevo immaginare ma sarebbe una cosa non vera e non oso sminuire quello che deve aver provocato dentro di te. Ma sono sicura di una cosa. Non ci saranno giudizi, almeno dalle persone intelligenti. Non si può giudicare il diritto alla paura, al senso di sopraffazione che una gravidanza porta con sé. Se c’è un colpevole, un assassino è chi ha ucciso la madre (colei che affronta questo per il figlio) che era dentro di te. Chi ha ucciso la tua stima di te è la fiducia nel futuro. Per questo penso che labolizione del diritto all’aborto sia sbagliata. Si pensa che le donne abortiscano per egoismo. Invece i veri carnefici non sono le donne incinte che decidono di non tenere un figlio ma chi le ha fatte sentire inadatte a farlo.
Ti abbraccio forte e spero che la tua storia porti consiglio a chi ha riserve su un diritto inalienabile, a mio avviso, di ogni donna
Ti ringrazio tanto 🙏
Io ti abbraccio e ti ammiro per la forza che hai avuto nel parlarne ♥️
Mi prendo l’abbraccio. grazie Monica.
Roberta, che dire, leggerti è sempre un’emozione. Ancor di più oggi.
La vita di ognuno è fatta di incontri con persone e avvenimenti che ne determinano il corso nel bene e purtroppo, e direi anche e soprattutto nel male.
Proprio per questo nessuno si può permettere di giudicare scelte complicate e difficili come questa. Il fatto che tu abbia deciso di raccontare coraggiosamente la tua esperienza ti fa onore. Il dolore che hai provato e che ti accompagna ancora oggi traspare persino dalla punteggiatura e più che a cercare conforto con ciascuna parola lo trasmetti alle altre e a chiunque possa trovarsi in situazioni simili.
Hai ragione…ciò che sta succedendo in America è inaudito.
Spingerà migliaia di donne a rischiare la vita, per non parlare d’altro.
Progresso??? Altroché …l’essere umano non imparerà mai dagli errori del passato piuttosto ne commetterà altri e di peggiori.
Grazie ❤️
Grazie Rita 🌺
Ti ho letta con una commozione indescrivibile cara Roberta e ho tenuta stretta quella giovane donna impaurita per consolarla per una scelta così dolorosa, ci sono tante persone che devono chiedere perdono a te mia cara e grazie veramente di cuore per aver condiviso con noi quel piccolo battito 🌹
Grazie per ciò che hai scritto, Genny. Grazie.
sono orgoglioso di essere tuo amico.
Io sono grata che tu lo sia.
Ho pensato tutto il giorno a quanto hai scritto e provo a esprimere qualche pensiero:
1)Tu sei meravigliosa, sensibile, coraggiosa, per niente sbagliata, sei stata solo sfortunata. La tua grande intelligenza e sensibilità ti porta ad essere troppo severa con te.
2)La legge va difesa perché ti ha permesso di scegliere, e continua a far scegliere le donne, però forse oggi si dovrebbe parlare di più del dolore post aborto dando voce a testimonianze come la tua.
3) Quando si è a un bivio e si deve scegliere fra due strade entrambe scoscese, si sceglie quella che in quel momento ti appare meno scoscesa. Nessuno può giudicare dal di fuori perché a quel bivio bisogna trovarcisi.
4) Il tuo scritto così toccante, andrebbe fatto leggere alle donne che oggi vogliono abortire per rendere la loro scelta piu’ consapevole.
Ti ringrazio di cuore per il coraggio che hai dimostrato. Un abbraccio forte forte❤️
Grazie di vero cuore per tutto❤️
Perdonare se stessi è molto importante, ancor più importante dei commenti fuori luogo ricevuti. La giovane età, l’inesperienza, sono fatalità che esistono, ma l’essere in due , nonostante il tutto, non è da dimenticare. È difficile coinvolgere chi non vuole esserlo, ma la richiesta di un appoggio a distanza, l’accettazione, era motivata solo proprio perché all’atto non si era soli. E non a buon fine per sé stesso. Un gesto irresponsabile? Assolutamente no: una responsabilità nel voler evitare un futuro ad una nuova vita troppo incerto.
Grazie Barbara 🙏
Cara Roberta…. Perdona te stessa e vai avanti come stai facendo. Viviamo concretamente solo nel presente e ciò che è accaduto non può più modificarsi, mai per nessuno e in nessun caso. Hai affrontato quella gravidanza inattesa con la tua giovinezza spaurita e confusa, come hai potuto, con le forze e le emozioni di quel periodo. (Interrompo il filo del discorso per un abbraccio virtuale a quella ragazzina tradita dall’amore e dalla vita e a quella donna meravigliosa che sei diventata). La vita ci porta in giro molto prima che noi siamo in grado di affrontarla e comprenderla (sempre che ciò avvenga un giorno), e noi ci troviamo in mezzo con il nostro piccolo bagaglio di esperienza all’inizio leggero leggero e poi sempre un po’ di meno, a mano che proseguiamo nel viaggio. Non è facile affrontare il turbine degli eventi e le spinte delle emozioni, i sogni, i desideri, i sentimenti. Pensa ora a quanto sei bella e vai da quel punto in avanti, volendoti il bene che meriti. Ancora un grande abbraccio e grazie per la tua testimonianza così vera e ricca di umanità 🤍🌸😘
Ricambio di cuore l’abbraccio 💗
Grazie Roberta ♥️ Anch’io sono rimasta sconvolta e arrabbiata per questa sentenza negli Stati Uniti. Un ritorno alle antiche barbarie e un ulteriore tentativo di controllo del corpo femminile! Inaccettabile.
Ho una storia molto simile alla tua e riconosco la mia stessa ferita profonda nelle tue parole. Sono passati 35 anni, ho cercato di perdonare e di perdonarmi, ma il dolore non passerà mai.
Ti abbraccio 🌸
Allora il mio abbraccio è ancora più grande
Cara Roberta il cuore mi si è lacerato nel leggere il tuo vissuto!!
Trovo assurdo che in paesi che si considerano democratici e ‘avanzati’, l’orologio dei diritti delle donne sia tornato indietro di quarant’anni!!
Ho sempre pensato che il figlio sia il frutto dell’amore di due persone che sono coscienti e si sentono pronte ad affrontare la gravidanza, la nascita e la crescita di un figlio che in futuro diventerà parte della società.
Dunque, trovo sacrosanto che la donna possa avere il diritto di “scegliere” in quanto è lei che è coinvolta fisicamente e psichicamente.
Ti abbraccio fortemente❣️
Ricambio l’abbraccio. Grazie.
Cara Roberta il perdono è la strada verso la libertà. Grazie per questa testimonianza delicata e profonda. Toccante. Ti abbraccio forte.
Grazie Lara della luce. Ho intrapreso quel cammino 🙏
Roby 💔 le Tue parole sono arrivate al mio cuore colme di dolore e sembra di aver vissuto anche io quest’esperienza immedesimandomi in te. Mi dispiace tantissimo, anche se non ho mai abortito posso capire bene il tuo stato d’animo, lo stesso di mia sorella quando dovette farlo. Ti abbraccio forte Roby
Un abbraccio a te e uno a tua sorella
Ammiro il tuo coraggio per aver raccontato il tuo dolore. Sì…dolore. Perché é questo quello che rimane dentro. Ho apprezzato le tue parole che hanno descritto quello che semplicemente è accaduto, senza compatimento, senza giustificazioni e giri di parole. Ammettendo la propra fragilità ( chi nella vita non ha avuto debolezze….).
Perdonare la cattiveria altrui e perdonare se stessi. Un percorso lungo e tortuoso ma possibile.
Quello che hai scritto lo fa sperare❤
Grazie Franca. Non so se sia coraggio ma non voglio più nascondermi. ❤️
Ammiro il tuo coraggio per aver raccontato il tuo dolore. Sì….dolore. Perché é questo quello che rimane dentro. Ho apprezzato le tue parole che hanno descritto quello che semplicemente è accaduto, senza compatimento, né giustificazioni, né giri di parole, ammettendo la propria fragilità ( chi non ha momenti di debolezza nella vita…).
Perdonare la cattiveria altrui e perdonare se stessi. Un percorso lungo e tortuoso ma possibile.
Quello che hai scritto lo fa sperare❤
Franca
Ho letto … e non ho smesso di piangere, ti abbraccio stretta stretta ma tanto stretta e ti ringrazio per aver condiviso con noi ❤️ Sei una grande donna non dimenticarlo MAI ..😘
Ok. Ci proverò. Grazie Claudia.
Cara Roberta, ti ho incontrata proprio quando tornati dalle Canarie, eri con tua sorella. Leggendo me ne sono ricordata. A parte la coincidenza il tuo scritto rende bene l’idea di un’esperienza che la maggior parte di noi donne ha fatto. È vero, siamo noi che ci dobbiamo perdonare, visto che la società condanna solo noi. Gli uomini pretendono di decidere pre noi anche in questa decisione alzando le barriere della legge e non c’è altra cosa che mi faccia arrabbiare di più.
Grazie di aver condiviso la tua esperienza, il cuore delle donne è sempre grande.
Grazie Antonella. Un abbraccio.
Tesoro ♥️
❤️
Roberta, come (quasi) sempre alla fine dei tuoi racconti ho le lacrime agli occhi…. Sei una persona speciale e Angelo ha una gran fortuna ad averti accanto… Un grandissimo abbraccio
Carlo…non mi aspettavo di trovarti qui…non mi aspettavo queste tue parole. Sai che per me la tua stima, anzi la vostra ( ci metto anche Annalisa) e il vostro affetto sono un dono prezioso.
Grazie mille.
Ps: anche io ho una grande fortuna ad avere il coach con me.
Un caro, carissimo, abbraccio a voi