Paura di volare. Parte seconda.

Paura di volare. Parte seconda.
Bentrovati amici,
dove eravamo rimasti? Ah, sì! Atterrati ad Orlando e pronti a far iniziare l’avventura.
La mattina sveglia presto, una colazione veloce, e puntuali alle ore 8.00 per acciuffare la navetta che ci avrebbe portato al Disney’s Hollywood Studios, dove mio marito Jedi Angelo e il fido Padawan Giovanni (diventerà mai Jedi…) stavano già assaporando il gusto dei giochi di Star Wars.
Ecco, le suddette attrazioni sono proprio quelle incriminate, quelle che mi ero ripromessa di non fare “manco morta”!
Avete notato l’uso dell’Imperfetto del verbo essere, Ero?
Allora, diciamo che, spinta della ferma convinzione dei miei compagni di viaggio che avrei potuto sostenere almeno il primo simulatore,
“è come quello di Parigi”
“Sì, appunto, a Parigi mi sono spaccata un fianco…”
“ma che dici? Questo sicuro ce la fai. Dai, fidati!”
Ho deciso di fidarmi.
Premessa: avevo un piano perfetto. Lo avevo studiato nel dettaglio a casa.
Visto che le file per accedere ai giochi sono interminabili, avevo deciso che mi sarei piantata lì, come un albero secolare ed ero certa che, se i miei amici avessero voluto davvero spiccare il volo nel vuoto, mi avrebbero alla fine lasciata lì a respirare l’unica aria che volevo passasse nei miei polmoni: quella della serenità.
Invece che ho fatto?
Mi sono lasciata convincere per due semplici ragioni:
- Rendere felice mio marito
- Provare a me stessa che ce la potevo fare.
Quindi, dopo una fila alquanto veloce, ci siamo accomodati dentro al primo simulatore.
Paura di volare. Parte seconda.

Non eravamo soli, c’era un’altra famiglia con bambino, e la nave spaziale era pronta al decollo.
Presentazione spettacolare. Effetti speciali molto veritieri che mi hanno fanno credere di essere davvero membro di un equipaggio intergalattico!
Tre…
Oddio non ce la faccio!
Due…
Ma perché diamine mi sono fatta convincere!
Uno…
Fatemi uscire da quiiiiiii!!!!
Troppo tardi: partiti! E via con i primi salti e sballottamenti, più veloci della luce e con l’attraversamento di buchi neri verso altre galassie.
Lo confesso: ho urlato! Sapete cosa urlavo? O meglio, a cosa gridavo con tutto il fiato che avevo in corpo?
Gridavo in faccia alla mia paura, ai miei timori e dicevo loro:
IO SONO PIU’ FORTE! IO CE LA POSSO FARE!
L’ho ripetuto fino a quando il gioco è finito.
“Brava, Roby! Visto? Ci sei riuscita! Non era poi così terribile! Brava!”
Già: brava!
Avevo voglia di piangere ma ho cercato di tenere duro.
Non vi tedio a lungo, anche perché voglio raccontarvi delle cose belle; quindi, vi dirò solo che di giochi simili ne ho fatti altri due.
Il secondo è stato il peggiore perché eravamo dentro a delle tazze (tutt’intorno una meraviglia di effetti speciali, mozzafiato, lo ammetto e sottolineo!) che andavano avanti, indietro, su e…giù!
Esatto, in questa fuga/lotta della resistenza, si arriva ad un punto dove non c’è via di uscita. Anzi, ce n’è una sola: precipitare!
Lo sai, lo senti, lo realizzi nel sangue che comincia a fluirti diversamente nelle vene e pensi: “Ora si cade e si cade per davvero!”
Dura poco, amici…ma quel momento ti spiazza, perché non sei padrona di nulla, né del tuo corpo, né tanto meno dello spazio che ti circonda. Giù e basta! Dentro al vuoto che sai finirà ma non puoi dire quando.
Sono stata dentro alla paura.
Sono diventata vuoto nel vuoto.
Mi è parso di sentire tutto e al tempo stesso di non provare più niente.
E poi è finita.
Abbiamo toccato “terra” su un nuovo pianeta e…tremavo.
Ci ero riuscita.
Mi ero divertita? Sinceramente, No. Ma avevo superato la mia prova. Io ero stata più forte.
Quando siamo usciti, mio marito mi ha abbracciato e mi ha detto che era fiero di me.

Ovviamente lì ho pianto sul serio. L’adrenalina e tutto il resto mi hanno concesso il favore di scaricarmi.
Dopo mi sentivo più leggera e anche io ero un po’ fiera di me, per quanto mi sia difficile dirmelo, credo proprio di esserlo stata.
Immaginate il mio stato d’animo. Ero scombussolata da una serie di sensazioni vissute intensamente nelle ultime ventiquattro ore, tra volo e attrazioni, e quindi avevo le emozioni a fior di pelle.
Dopo i giochi spericolati, priorità assoluta da rispettare per un festeggiamento di cinquant’anni che si rispetti, ci siamo dedicati a cose più “lievi”.
Il teatro dei Muppets ad esempio! Una figata in 3D che mi ha fatto toccare con mano (o almeno l’impressione era quella) i miei idoli da quando ero una bambina e li guardavo in televisione.
Un saluto alla fontana con Miss Piggy, alla quale mi sento particolarmente legata visto che abbiamo tanto in comune! Compreso il caratteraccio!

Una pizza da Rizzopizze (Rizzo è il ratto dei Muppet, per chi non lo sapesse) e poi siamo andati a incontrare BB8, uno dei robot protagonisti dei nuovi episodi di Star Wars.
Dolcissimo lui, con quel suo modo di parlare che non capisci eppure…comprendi.
Sentivo la gioia farsi strada nel mio petto.
Una gioia molto preziosa perché condivisa con persone speciali, che mi conoscono, mi accettano, mi criticano e mi stimolano ogni giorno con la loro insostituibile presenza.
Grazie a Giovanni, a Domitilla e al mio Angelo!



Adesso arriva il bello.
Usciti dallo stand “meet BB8” ci siamo incamminati verso la Torre del terrore di Twilight Zone, che avrebbero fatto solo Giovanni e consorte (grazie a Dio ad Angelo quello non piaceva, troppo turbolento anche per lui).
D’improvviso, come dentro a un sogno, sbucati dal nulla, li vedo camminare di spalle, davanti a me, a qualche metro di distanza.
Come chi????
Donald and Daisy Duck!

Paperino è da sempre il mio preferito.
Non ho capito più nulla! Ho iniziato a correre dietro alla mia infanzia.
Quando dico correre, intendo proprio COR-RE-RE!
Tanto è vero che i miei compagni d’avventura son rimasti senza parole e non hanno neanche ripreso la scena, immaginando che mi sarei schiantata a terra da un momento all’altro (forse era proprio quella la ragione per tirare fuori i cellulari e filmare la mia folle corsa verso la realizzazione di un sogno).
La scena si è fatta ancora più divertente perché loro, I Paperini per capirci, andavano verso un grande arco affiancato da due archi più piccoli. Convinta che avrebbero girato a destra, accelero, non so neanche io come, e attraverso l’arco di destra con la speranza di ritrovarmeli davanti per scattare una foto.
…
Ovviamente sono andati a sinistra!
Merda!… Hoops! Si può dire merda? Uguale, ormai l’ho detto!
Giro su me stessa. Resisto! Non cado! Corro ancora, ci sono quasi e li vedo entrare su un prato per iniziare una scenetta deliziosa che li vedeva piantare un fiore immaginario, annaffiarlo e aspettare che crescesse.
Lì me li sono proprio goduti!
Donald! Uh! Uh!
Salutavo ed esternavo il mio entusiasmo.
Entrambi mi hanno mandato baci…sì, vabbé, lo so, c’erano anche bambini accanto a me, ma vi giuro che un paio erano tutto miei. Poi Daisy, che poverina non riesce a stare dietro alla fama travolgente di Donald, si è messa in posa per me. Solo per me. Io l’ho ringraziata e le ho mandato un bacio che lei ha subito contraccambiato!




Che gioia! Che immensa inesprimibile gioia!
Sono stata raggiunta dai miei moschettieri che si erano assaporati tutta la scena e ho pianto. Di nuovo, sì, ma questa volta erano lacrime di felicità.
Non so spiegarlo ma ci provo:
è stato come se quel momento mi avesse ricordato che dentro di me esiste una parte leggera, priva di pesi, che può ancora venir fuori e respirare senza dolore. È stato come aprire un regalo che aspettavo da una vita e che, in qualche modo, mi ero guadagnata! È stato come non sentir nulla se non una delicata e lenta carezza che ti fa vibrare lo spirito di profondo Amore. In quel momento ho amato la vita. In quel momento ho vissuto il sogno. In quel momento ero una bambina alla quale veniva dimostrato che le cose belle esistono e che le possiamo vivere senza guardarci continuamente le spalle. In quel momento ho abbassato la guardia.
In quel momento ero: LIBERA!
Mi emoziono a scriverlo.
Perdonatemi! Forse vi sembro infantile, ma avevo un intimo bisogno di tuffarmi nella gioia e incontrare nuovamente una spensierata felicità.
Ma non finisce qui.
Il tempo a Orlando è un po’ ballerino: fa caldo caldissimo, mentre nei negozi e in qualunque altro luogo al chiuso fa freddo freddissimo, e poi dal nulla sbuca la pioggia!
Per ciò, benedetti da un acquazzone che ha fatto muovere tutti ad una velocità doppia, ci siamo separati: Giovanni e Domitilla verso “La Torre” e noi…
Noi siamo andati ad incontrare Chewbacca, un altro mitico personaggio della saga di Guerre Stellari.
https://it.wikipedia.org/wiki/Chewbecca
Anche lui non parla, emette suoni strani ma si fa capire con dovizia di particolari, ed è un enorme Orso di peluche.
Non me ne vogliano i fans, ma è proprio così: lui è la protezione che solo qualcosa così diverso da te, eppure così accogliente può trasmetterti.
Insomma, ci mettiamo in fila, gasandoci perché ogni tanto faceva capolino dalla porta d’uscita per salutare le persone in attesa, e attendiamo il nostro turno.
Quando finalmente tocca a noi vado io per prima a farmi scattare la foto e succede una cosa incredibile: Chewbacca mi abbraccia!

No, non avete capito, non un abbraccio piccino, di quelli che si danno le persone che si salutano cordialmente. No, niente del genere. Il mitico Chewbe mi stringe in una morsa d’affetto (io l’ho percepita come tale) che mi lascia senza fiato. La sua pelliccia profumava e lui continuava a dirmi cose nella sua particolare lingua all’orecchio. Io ho sentito di poter affidare a quel suo manto morbido tutti i miei pensieri, tutte le preoccupazioni che mi hanno assillato la testa negli ultimi mesi e di poter lasciar scivolare via tutto.
Mi sono tenuta il sorriso.
Me lo sono presa, perché quel sorriso è mio! E quel sorriso io me lo merito…tanto!
Lo so, penserete sia matta!
Forse avete ragione. Però vi giuro che quell’abbraccio è stato meraviglioso. Ho pensato di poter volare e magari per un istante l’ho addirittura fatto.
Dopo di me è stato il turno di Angelo, con la sua straordinaria maglietta Skywalker del Team Jedi, per la quale ha ricevuto i complimenti, poi alcuni scatti insieme e poi di nuovo io da sola.
Un secondo abbraccio.



Penso che una parte di me sia rimasta lì, dentro a quell’emozione, dentro a una dimostrazione di forza traducibile solo con l’amore.
Sono rimasta dentro a un gesto d’amore.
Sapete, quando si sta male, quando si entra nel buco nero della mente, l’unica cosa che davvero si cerca non sono parole o soluzioni, ma un abbraccio, un gesto potente di amore che ci faccia capire che chi abbiamo accanto è lì, rimarrà lì e crederà nella nostra capacità di uscire da quel soffocante tunnel.
Ho messo in quella stretta pelosa i volti delle persone che mi sono state accanto ed è stato come averle lì con me.
Sono consapevole di essere una persona scomoda perché amo, e quando amo, amo tanto, lo faccio con passione. Il mio problema è che mi aspetto che quell’amore mi venga restituito con la stessa intensità, ma spesso non è così. E non è colpa di nessuno. Semplicemente le persone amano in maniera diversa, vivono momenti diversi.
Spesso, la difficoltà di uno diventa difficile da sostenere e guardare negli occhi per l’altro, perché riporta a qualcosa che non si vuole o può affrontare in quel momento.
Per questo ringrazio con ancor più gratitudine e amore chi, nonostante tutto, è rimasto accanto a me, a far il tifo perché ce la facessi.
Grazie a chi mi ha amato per ciò che sono: una donna dal carattere complesso, a tratti indisponente, ipersensibile, tragicamente empatica, piena di insicurezze ma guerriera…una guerriera gentile, che a volte dà troppo, e nel proprio inverno desiderava solo una carezza.

Grazie a chi me l’ha donata.
Grazie a Chewbacca per avermi regalato un ricordo felice che custodirò nel cuore e richiamerò alla memoria nei momenti di sconforto.
Le avventure sono continuate il giorno dopo a Magic Kingdom dove ho camminato lungo strade che illuminano i sogni, dove mi sono commossa quando Topolino e Minnie hanno dato il benvenuto ai nuovi ospiti e dove ho ringraziato la statua di Mr. Disney per aver dato forma all’onirico, rendendo possibile ciò che spesso sembra impossibile.
In Florida ho lasciato la voce (troppi sbalzi di temperatura) e un profumo al quale erano rimaste solo poche gocce.
A casa mi son portata la magia, la consapevolezza di poter affrontare le mie paure, ché tanto a lasciarle crescere dentro diventano solo più grandi e opprimenti, e uno scrigno preziosissimo di ricordi e momenti vissuti al massimo dell’emozione con persone che amo profondamente.



Ho ancora paura di volare?
Sì.
Ma so che le mie ali sono forti a sufficienza da sorreggermi nel volo, sono ampie abbastanza da farmi andare in alto e sono flessibili quanto basta da permettermi di atterrare su un campo di fiori, che io stessa posso costruire con l’appoggio fondamentale della mia mente.
Grazie a chi ha letto fino alla fine.
A chi ha paura di volare mando il mio Chewbe abbraccio e un po’ di piume per rinfoltire le proprie timide ali.
Tutti abbiamo ali…
Dobbiamo solo ricordarci di spiegarle e cominciare a usarle.
Roberta Leonardi.

ho superato anche io tanti anni fa la paura di volare, grazie Roberta per averci trasmesso e raccontato la tua gioiosa emozione, sei circondata da persone che ti vogliono bene…tanto. Tienile strette a te
Lo faccio. Grazie Genny 🌼
Un grande aiuto leggerti. Ognuno di noi ha una paura più grande e il fatto di scriverla e mettersi a nudo è un grande passo.
Un abbraccio
Lorena
Grazie del tuo abbraccio. Sai che tu hai il mio ❤️
Ho letto tutto d’un fiato e quando hai descritto l’abbraccio mi si è smosso qualcosa dentro. mi è tornata in mente una vignetta di Schulz in cui Snoopy, dopo aver abbracciato Woodstock, dice soddisfatto ” aveva l’animo arruffato”. Ecco ce l’ho anch’io oggi. Perché tutti abbiamo una paura che ci abita dentro .
Però in definitiva, la vita non è molto diversa da un simulatore : anche se credi di cadere, non cadi mai per davvero quando hai quell’abbraccio a rimetterti le piume in ordine. Grazie Roberta per questo racconto ❤️
Grazie per il abbraccio ‘arruffato’… è proprio così 🙏
Ed io ti dico semplicemente che ti adoro… e per riprendere una frase di un film che ho amato tanto “mi piaci così come sei”… grande la mia Roby ❤️❤️❤️
Grazie Barbara 🙏
Mi sono divertita a leggerti, sei riuscita a sdrammatizzare in modo bellissimo.
Tu sei una grande donna, con grandi ali .
Ti voglio bene cara Roberta ❤️
Sei davvero troppo buona 🙏 grazie Claudia 🩷
Un viaggio speciale… emozionante e così profondo da far volare…dentro 💕💕 Sentire la paura, la gioia, l’amore … la libertà e forte quell’abbraccio 💞 Che meraviglioso sentire… grazie Roberta ! Grazie per la condivisione … e per la mia paura di volare ..
Wanda
Grazie a te Wanda per la tua sensibile presenza 🙏
Quanto è bello leggerti…nel tuo racconto traspaiono tutte le tue emozioni!!!
Anch’io non sono troppo confidente nel volare, ma per fortuna non ho le tue paure, o almeno non così forti e intense…sei stata proprio una guerriera!!!♥️
Grazie cara Stefy. Un saluto al tuo bosco 💚💚💚