
Il mantello del supereroe
Troppo spesso quando ci accorgiamo che qualcosa non va, facciamo finta di niente. Quando il buio e la paura cominciano a prendere il sopravvento, ci nascondiamo ed, invece di aprire le finestre, tiriamo giù le serrande.
Quando qualcosa in noi non funziona , non va come dovrebbe, ci sentiamo sbagliati e ci puniamo per quanto sentiamo. Ci condanniamo per la mancanza, per lo sconforto, per gli sbalzi d’umore, per la sensazione di essere in bilico.
Il precipizio è sotto ai nostri piedi e noi rimaniamo immobili, bloccati a fissare il vuoto.
Invece di confrontarci, parlare, ammettere che abbiamo un problema, che abbiamo bisogno di aiuto, che da soli non riusciamo a venirne fuori, scappiamo nel pericoloso paese del “Va tutto bene!”.
Ma non è così.
Non va tutto bene. Non è tutto a posto. Siamo sopraffatti. Qualunque cosa, anche minima, ci appare violentemente gigantesca, insostenibilmente più grande di noi! Il pavimento si sgretola ed il cielo non ha appigli. L’ inevitabile conseguenza, a lungo andare, è che si precipita.

Problema culturale? Probabile.
Ci hanno insegnato, nel corso del tempo e delle generazioni, a non farci vedere piangere. Le lacrime interpretate come atroce simbolo e sintomo di inammissibile debolezza. Invece noi dobbiamo mostrarci duri, forti, all’altezza di ogni situazione.
Ma se quelle gocce salate che escono dai nostri canali lacrimali fossero semplicemente espressione del dolore, della rabbia, della frustrazione che tutti, e sottolineo TUTTI, senza distinzione di sesso, razza o livello culturale, prima o dopo ci troviamo ad affrontare nella vita?
Dirò di più: e se nel dichiarare la nostra fragilità, la nostra umiliante difficoltà, non ci fosse nulla di male? Se quel riconoscimento rappresenti, al contrario, il primo vero passo verso la rinascita ed il superamento del problema? Pensateci.
Conseguentemente, qual è il secondo passo?
“Sometimes you can’t make it on your own”,cantano gli U2.
https://www.youtube.com/watch?v=CuDqHtAR6L8
È vero. A volte non possiamo farcela da soli. Neanche i nostri familiari, armati delle migliori intenzioni, possono aiutarci, perché servono nuovi strumenti, attrezzi, chiavi da forgiare, per capire, affrontare, superare ed andare oltre.

Ci vuole una mano esperta, un orecchio attento alle insidie del subconscio, qualcuno abituato a leggere tra parentesi e visioni, qualcuno che ci dia dei sassolini per ritrovare la strada di casa. Quanto sarà lungo il cammino non si sa. Ciò che conta è bussare a quella porta, pur non avendo portato un dono.
L’autentico regalo non è visibile: si chiama “cura”.
Per questo, donne, uomini, amiche ed amici in difficoltà, anime fragili travestite da supereroi, toglietevi quel mantello che appesantisce e basta. Il mio giace a terra da un po’ e togliermelo è stato massacrante, ma necessario.
Fa freddo all’inizio, ma spero che le ali che col tempo riemergeranno dall’incavo delle scapole, non siano di cera, e ci avvicinino nuovamente al sole, senza che questo, col suo innato calore, ci bruci.
Non abbiate paura: Affrontate. Non rimandate: Agite.
Non tappatevi gli occhi con le mani ed il cuore con la vergogna.
Quella dei supereroi è una maschera che va bene a Carnevale, per travestirsi, per far finta di essere ciò che non si è, per giocare. Indossandola nella vita quotidiana, pensiamo di proteggere, di difendere figli, compagni, amici dalla bruttezza e disarmonia che l’esistenza, a volte, ci mette di fronte. Però, chi ci ama non è cieco, vede. Liberarsi di quel mantello è un atto d’amore verso noi stessi.
Infine, miei preziosi lettori, impariamo ad amarci di più. E se abbiamo dimenticato come mettere in atto questa antica pratica: facciamoci aiutare,
senza paura,
a viso scoperto.

Io lo sto facendo.
Vostra, Roberta.
Mi sono venuti i brividi…tante emozioni provate che mi sono tornate a mente…SI! Liberiamoci dalle maschere! E rinasciamo 🙌
Scrivo di queste cose, proprio perché so che le proviamo o abbiamo provate in molti/molte. E non dobbiamo vergognarcene, ma agire, ammettere, curare.
Ti abbraccio, Silvia.
Grazie Roberta. Come altre volte hai scritto e messo in chiaro concetti che albergano anche nella mia mente e che anche io negli anni sto cercando di fissare. Grazie di condividerli.
Credo sia un dovere, mia cara Ross…
Siamo insieme nel cammino.
L’emozione irrompe dopo la lettura…
Raccontarsi senza filtri non è semplice e non è per tutti. Obiettivo che si raggiunge solo dopo un percorso di crescita personale e di ricerca interiore. Solo quando la consapevolezza è il filo conduttore della propria vita. Grazie Roberta per condividere 😍
Vincenza, grazie a te. Sento che capisci.
Questo mondo di finti supereroi dice che la forza sta nell’ammettere di aver bisogno di aiuto. Io penso che ci voglia tanta forza per provare per tanto tempo a rinascere sopportando tutte le fatiche e il bagaglio di inadeguatezza che questo porta con sé. Sono contenta che tu abbia intrapreso un cammino, un inverno di lavoro per rifiorire (perché sono sicura che così sarà!) in una primavera fruttuosa di sole, belle giornate e pace. Ti voglio bene e anche se sono quaggiù ci sono sempre. Un bacio grande!
Grazie, Oriana. 🙏🌹👓🖋📖
Leggendo queste considerazioni, me ne sono venute in mente altre (ad esse collegate, direi “incastrate”) che mi frullano in testa da tempo.
Ogni cosa – dolorosa o felice che sia – passa (deve passare) per il suo ricoscimento. Siamo abituati ad un vocabolario spietato, esclusivo e fuorviante. Chi piange è debole, chi è fragile non è forte, pregi e difetti. Tutto passa attraverso la propria autenticità. Chi riconosce le proprie debolezze è forte, chi individua i suoi limiti è senza limiti, chi piange non fa altro che espellere il proprio dolore. Il dolore non è una colpa. Chi rimuove una verità scomoda non è un super eroe, chi si prende il suo bagaglio va in cerca della sua singolarità e tenta di assomigliare il più possibile alla propria anima.
Il problema è che la propria anima è spesso sottotraccia, soffocata, confusa. Esistono la paura e l’oscurità. E, attenzione, esistono i propri tempi per attraversarli, non bisogna sentirsi colpevoli se si arranca e ci si ferma.
Grazie, Roberta.
Grazie a te, Giò…Non sai quanto.
Grazie.
*chi si prende il suo bagaglio e va in cerca della propria singolarità, beh, quello è il mio eroe. (m’ero perso l’ultima frase)
Emozionante questo post, perché pieno di verità che spesso facciamo fatica ad ammettere.
Grazie, Ale.