Un Otto caduto diventa l’Infinito ∞
Oggi vorrei parlarvi di due numeri “OTTO” che l’infinito lo rappresentano nel ricordo che hanno lasciato. Uno è la leggenda Kobe Bryant, scomparso tragicamente lo scorso 26 Gennaio, l’altro è Mario delle Cave, classe ’93, giovane promessa del basket Italiano, ingiustamente strappato alla vita il 7 Settembre 2011. Accumunati dallo stesso numero di maglia, da una morte improvvisa e dilaniante, ma soprattutto uniti da una passione – ossessione, che era, anzi è quella per la pallacanestro.
Kobe, in ogni sua intervista, parlava di sforzo, motivazione, di duro lavoro per superare i propri limiti. “ Dance beautifully in the box that you are comfortable dancing…is your job to make it as beautiful as you can make it” ( dall’Omaggio dei Lakers)
Mario era un ragazzo che la sua scatola l’aveva trovata, aveva imparato a ballare meravigliosamente al suo interno, e la coltivava, con impegno e devozione. Mario era il playmaker della squadra nazionale U16 ed U18. Non aveva avuto una vita facile ma aveva trovato una famiglia, alla Stella Azzurra Roma, che lo proteggeva e stimolava continuamente. Una famiglia che credeva in lui.
In realtà, il primo a credere in sé, era proprio Marietto. Lui, come Kobe nella sua lunga e gloriosa carriera, è spesso caduto,vittima di gravi infortuni, ma questo non gli ha mai fatto perdere di vista l’obiettivo. Il focus, ogni qual volta si trovavano a terra, era quello di volare sempre più in alto. Spiccare un volo, un salto a canestro ancora più perfetto. Entrambi erano fenici e come tali, dalle loro ceneri rinascevano più forti e splendenti che mai.
La luce. Anche questo avevano in comune. Kobe e Mario illuminavano. Il loro carisma era tangibile, palese. La prima volta che vidi Mario, rimasi talmente colpita da quella forza e fame di giocare che trasmetteva in ogni suo gesto, che chiesi a mio marito chi fosse quel ragazzo con la maglia numero Otto.
Sopra ogni cosa, anche per i profani del basket, ciò che li distingueva ed elevava era il loro sorriso. Quel sorriso era un faro. Entrambi splendevano di una luce scaturita dalle loro tenebre, dall’essere scesi all’inferno dentro sé, e dall’aver ritrovato il loro personalissimo cammino per la risalita.
L’otto. Se togliamo l’apostrofo diventa LOTTO. Questo facevano Kobe e Mario: lottavano. Quando ami qualcosa, quando la ami davvero, diventa la tua passione, la tua ossessione e lotti per lei fino alla fine, senza tregua, senza paura. Quella lotta non è una fatica, non è un peso, è la tua vita.
Queste due vite, ormai, sono un ricordo, un esempio da seguire per molti, forse tutti noi. Perché qui non parliamo solo di sport, ma di come affrontare la nostra esistenza e l’atteggiamento da assumere nei confronti di ciò che amiamo fare e che ci rappresenta davvero.
Un Otto 8 caduto diventa il simbolo dell’infinito ∞.
Oggi, sotto a quel canestro in Paradiso, si gioca un “uno contro uno” che illumina la notte. Mi piace pensarli uno di fronte all’altro, mentre oscillano palleggiando la fedele amica arancione, a mangiarsi gli occhi, sudati, sorridenti, pronti a spiccare l’ennesimo, infinito salto verso quel canestro che durerà per sempre.
Ciao Kobe, Ciao Mario: grazie!
Ps : di Kobe sapete tutti molto, se volete scoprire qualcosa su Marietto, cliccate qui.
Pensieri infiniti 😍
Grazie Silvia.
Infinita! 🤗
Loro lo erano! 💚
❤️
💚
Sempre molto bello leggerti, il sentimento spicca su tutto. 💖
Grazie Simona. Sempre bello che tu ci sia.
…❤️ Bellissimo leggerti Roby
Grazie grazie grazie.
Ogni tua composizione tocca l’anima. ♥️
Grazie Alessia. È che tu leggi col cuore.